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    Dante Alighieri - Sonetti dalla "Vita Nuova"

    In una settimana come questa, in cui si celebra la Lingua Italiana, fa bene al cuore ricordarne il padre nobile, quel Dante Alighieri che ha regalato alla posterità il primo vero canone epico della letteratura italiana (la Commedia), punto apicale di un processo lungo, non di rado doloroso e sommamente straordinario.

    Quale migliore occasione, dunque, per riscoprire la produzione dell'Alighieri? Magari concentrandoci inizialmente su qualche suo lavoro meno noto, meno celebrato, meno proposto al grande pubblico.

    Torniamo allora ad una sua opera che è un vero e proprio trionfo creativo: la Vita Nuova, bizzarro esperimento letterario in cui la prosa si alterna alla poesia (la prima prova a "spiegare" la seconda, in un fecondissimo contrappunto); in essa l'autore si cimenta in una sfida non da poco: parlare d'Amore.

    Un Amore totale e personale, divino e terreno, sacro e profano, in cui proprio il più etereo e ineffabile dei sentimenti genera reazioni quanto mai fisiche, corporee e violente nella loro grandezza.

    Lascio qui qualche sonetto, ripromettendomi di aggiungerne man mano alla collezione: un paio di bricioline per cominciare un secondo cammino. Per invitare al dialogo e alla riflessione, alle proposte e alle critiche.

    Per ritrovare la strada in mezzo al vociare di basso livello - anche in ambito poetico - che ci sovrasta e ci assedia da ogni parte.

    Con infinita gratitudine al nostro più importante esponente letterario.

    Buona lettura. 🙂

    Spesse fiate vegnonmi a la mente
    le oscure qualità ch'Amor mi dona,
    e venmene pietà, sì che sovente
    io dico: "Lasso!, avviene elli a persona?";

    ch'Amor m'assale subitanamente,
    sì che la vita quasi m'abbandona:
    campami un spirto vivo solamente,
    e que' riman, perché di voi ragiona.

    Poscia mi sforzo, ché mi voglio atare;
    e così smorto, d'onne valor voto,
    vegno a vedervi, credendo guerire:

    e se io levo li occhi per guardare,
    nel cor mi si comincia uno tremoto,
    che fa de' polsi l'anima partire.

    (Cap. XVI)

    Sì lungiamente m'ha tenuto Amore
    e costumato a la sua segnoria,
    che sì com'elli m'era forte in pria,
    così mi sta soave ora nel core.
    Però quando mi tolle sì 'l valore,

    che li spiriti par che fuggan via,
    allor sente la frale anima mia
    tanta dolcezza, che 'l viso ne smore,
    poi prende Amore in me tanta vertute,
    che fa li miei spiriti gir parlando,

    ed escon for chiamando
    la donna mia, per darmi più salute.
    Questo m'avvene ovunque ella mi vede,
    e sì è cosa umil, che nol si crede.

    (Cap. XXVII)

    Fonte.