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Beh da quello che sapevo NON è necessaria l'apertura della partita IVA se i lavori sono occasionali. Potrei emettere semplicemente ricevuta. Infatti la normativa recita (sono dipendente e svolgerei attività professionali extra):
[LEFT]INGEGNERE DIPENDENTE[/LEFT]
[LEFT]se esercita anche attività libero professionale ?in maniera abituale?:[/LEFT]
− deve possedere partita IVA;
− non deve iscriversi a Inarcassa e deve iscriversi alla gestione separata INPS (art. 2, comma 26, L. 335/1995);
− deve versare a Inarcassa il contributo integrativo sui corrispettivi percepiti per prestazioni professionali, rientranti nel volume di affari IVA.[LEFT]se esercita anche attività professionale in maniera ?saltuaria e del tutto occasionale?:[/LEFT]
− non deve iscriversi a Inarcassa e deve iscriversi alla gestione separata INPS, se il reddito annuale derivante dall?attività professionale è superiore a ?. 5.000,00 (cfr. art. 44, comma 2, D.Lgs 269/2003);
− se è titolare di partita IVA., deve versare a Inarcassa il contributo integrativo sui corrispettivi percepiti per prestazioni professionali, rientranti nel volume di affari IVA.[LEFT]Dunque da quanto detto sembrerebbe che NON è richiesta la P.IVA per le attività occasionali (è il mio caso). [/LEFT]
[LEFT]Ma non è quì il punto: anche se l'attività fosse abituale, dovrei sì possedere P.IVA, ma figurando noi come azienda familiare potrebbe averla, con codice attività secondaria, anche mia moglie, perchè questa non è attività predominante rispetto a quella di mia moglie (ovviamente in quanto io ho anche il lavoro da dipendente e quindi molto meno tempo da dedicare alla libera professione). Inoltre ad Inarcassa andrebbe versato solo il contributo relativo alle fatturazioni da me svolte, dunque è una quota proporzionale e non ha minimale. Fra l'altro questo è chiaro dal fatto che sono iscritto (essendo lav. dipendente) sia all'INPS che alla Gestione Separata.[/LEFT]
[LEFT]Ma il punto nodale di questo discorso è proprio se ci sono precedenti di una simile situazione. Perchè non vorrei aprire io la P.IVA? Semplicemente perchè scorporerei i miei redditi da professionista da quelli dell'impresa familiare, cosa che non vorrei fare.[/LEFT]
[LEFT]Grazie a chi potrà darmi ragguagli in merito...[/LEFT]
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@wichita said:
Beh da quello che sapevo NON è necessaria l'apertura della partita IVA se i lavori sono occasionali.
L'iscrizione ad un albo professionale esclude categoricamente la "occasionalità" della professione, con tutto ciò che ne consegue.
Se la tua prestazione professionale fosse, chessò, "consulenza marketing" e tu avessi un diploma di liceo, allora la cosa potrebbe esser condierata "occasionale".
Ma se sei un ingegnere iscritto all'albo, una consulenza ingegneristica non sarà MAI occasionale.Vuoi un riferimento normativo?
Legge Biagi, D.Lgs. 276/03, art. 61, comma 3: "Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo [lavoro a progetto e lavoro occasionale] le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali [...]"
Infatti la normativa recita
QUALE sarebbe la normativa che recita un tanto, di grazia?!?!
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Mi spiace deluderti, ma stai prendendo una cantonata.
La fonte è l'Agenzia delle Entrate, nella quale mia moglie ha il tutoraggio.
Dunque il discorso sarebbe questo: se un libero professionista svolge attività per soli privati, può emettere semplice ricevuta, se essa è "una tantum", cioè UNA UNICA in ogni anno, e in questo caso NON C'ENTRA NEMMENO L'IMPORTO (=potrebbe essere anche 100.000 euro).
Se invece si effettua l'emissione di più documenti durante l'anno fiscale, e la cadenza è mensile o quasi, si perde lo stato di "occasionalità" e BISOGNA possedere P.IVA. Rientreresti nello stesso caso anche con 2 ricevute per un totale superiore ai 5000 euro.
Se invece fai 3 ricevute da 1000 euro in un anno, rientri nella casistica di occasionalità entro il massimale di 5000 euro per cui NON è obbligatorio possedere la partita IVA.Inoltre non consideri che sto parlando di lavoratore DIPENDENTE, cioè che svolge in maniera prevalente un'attività subordinata, non la professione. Infatti saprai che taluni ambiti di lavoro del professionista (ad es. il responsabile tecnico) sono incompatibile con qualunque altra forma di lavoro subordinato, dunque si sancisce la predominanza del lavoro dipendente da quello professionale (com'è ovvio!)
Questo è certo, così come credo tu stia fraintendendo il concetto di lavoro occasionale SUBORDINATO (cioè in cui il professionista svolge lavoro per uno studio o un terzo quale committente del lavoro). Se invece lo svolge in qualità di lavoratore autonomo, non si rientra neanche minimamente nelle categorie che enunciavi e che prefigurerebbero alcune eccezioni circa il lavoro a progetto.
Se ti rivolgi a qualunque segreteria dell'ordine, inoltre, ti confermeranno la NON obbligatorietà della P.IVA nei casi che ti citavo e in più la questione previdenziale (=inarcassa).Ciao
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@wichita said:
Mi spiace deluderti, ma stai prendendo una cantonata.
La fonte è l'Agenzia delle Entrate, nella quale mia moglie ha il tutoraggio.Intanto viene da chiedersi perchè, di fronte ad opinione di sì autorevole fonte, poi vieni a chiedere conforto e conferma in un forum...
Comunque, io HO SENTITO da parte di funzionari dell'Agenzia delle Entrate le opinioni più folli... che, chissà perchè, poi si rifiutavano sempre di mettere per iscritto.
Scommetto una birra contro una gomma masticata che questa fesseria (perchè si tratta di una FESSERIA, su questo non si discute) te l'hanno DETTA ma non messa per iscritto.Ed a chi te l'abbia detta, cosa dice di quel "Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo [lavoro a progetto e lavoro occasionale] le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali [...]" pubblicato sulla gazzetta ufficiale?
Prova a proporgli un interpello ufficiale, e vediamo cosa ti rispondono...
Al di là di questo, anche se l'Agenzia delle Entrate ti avesse rassciurato in tal senso, ed anche nell'ipotesi che il funzionario (sotto l'effetto di psicofarmaci) ti rispondesse positivamente all'interpello, avrebbe fatto i conti senza l'oste.
L'oste, in questo caso, si chiama Inarcassa... che non sarebbe assolutamente d'accordo sul fatto che i contributi di proventi di prestazioni professionali se ne vadano all'INPS anzichè in Inarcassa.Comunque, prova a chiedere all'Ordine, se non ci credi...
Qui trovi quello che dicono all'ordine di Trento: http://www.ordineingegneritn.it/fileadmin/documenti/ALLEGATI/PRESTAZ_OCCASIONALI.pdf
Ma puoi chiedere in qualsiasi altra provincia d'Italia, la risposta non cambia.
Ed è suffragata da maree di sanzioni irrogate nel tempo ad ingegneri nella tua situazione che hanno prestato la loro opera in maniera "occasionale".Quindi, concludendo, visto che sul tema circolano leggende metropolitane e che qualcuno, in buona fede come te, può cascarci:
**UN PROFESSIONISTA ISCRITTO AD UN ALBO PROFESSIONALE NON PUO' MAI ED IN NESSUN CASO PRESTARE LA PROPRIA OPERA IN MANIERA OCCASIONALE.
**Sfatiamo due altri miti, già che ci siamo:
- il lavoro occasionale è sempre AUTONOMO e mai SUBORDINATO. Il "lavoro subordinato occasionale" in Italia NON ESISTE.
- Il limite di 5000 euro/anno non c'entra nulla con la partita IVA. Io posso percepire anche un milione di euro in un anno come prestazione occasionale, senza obbligo di aprire partita IVA. Come posso percepirne anche 500, ma in maniera non occasionale e quindi con l'obbligo di aprire partita IVA. Il limite di 5000 euro si riferisce solo ed esclusivamente all'aspetto PREVIDENZIALE del lavoro occasionale, e non coinvolge in nessuna maniera l'aspetto fiscale dello stesso.
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Intanto grazie per la risposta e per il documento: l'ho stampato e al più presto mi voglio recare all'AdE per sentire la loro versione.
Comunque i dati che citavo, oltre che dall'Agenzia, li ho estrapolati dal sito dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Firenze. Non riesco a mettere il link diretto ("non sono un utente premium") ma se vuoi darci un'occhiata è:
www ordineingegneri fi it/contents/previdenza.php
come vedi è una veria e propria Babele....
Ciao
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@wichita said:
Intanto grazie per la risposta e per il documento: l'ho stampato e al più presto mi voglio recare all'AdE per sentire la loro versione.
Attento anche ad un aspetto di lana caprina:
- ad avere il tutoraggio dell'ADE è tua moglie, e quindi l'ADE consiglia TUA MOGLIE sulla correttezza della SUA posizione fiscale...
- il fatto che tua moglie acquisisca prestazioni libero/professionali da terzi e li rivenda nell'ambito di un contratto d'opera o servizi più ampio è correttissimo
- ma questo nulla dice in proposito alla correttezza della posizione fiscale o contributiva del "terzo professionista" (che in questo caso saresti tu).
In pratica: tu presti servizi professionali in maniera "saltuaria" a tua moglie senza aprire partita IVA? La posizione fiscale di tua moglie è corretta, ma invece non è corretta la TUA posizione...
Comunque i dati che citavo, oltre che dall'Agenzia, li ho estrapolati dal sito dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Firenze.
Secondo me hanno preso una cantonata, che si spiega anche con le due differenti dizioni che usano in due parti differenti del documento.
Da una parte, citano: "INGEGNERE DIPENDENTE: se esercita anche attività professionale in maniera ?saltuaria e del tutto occasionale?:
Più avanti invece scrivono: "INGEGNERE PENSIONATO: **se svolge prestazioni di lavoro autonomo ?occasionale?:
**Probabilmente, intendevano in entrambi i casi parlare di "lavoro autonomo occasionale", ma lo hanno corretto solo nel secondo caso...
Ricordo infatti che è preclusa l'attività di INGEGNERE, ma non altre prestazioni di lavoro autonomo...
Ovvero: se non hai partita IVA non puoi firmare un progetto, ma nulla ti vieta di, ad esempio, insegnare, o tenere conferenze, o prestare consulenze in campi non ingegneristici... tutte prestazioni di alavoro autonomo.
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Grazie delle informazioni, ho deciso che a scanso di errori apro la P.IVA col codice attività degli Studi di Ingegneria.
In tutto ciò mi manca l'ultimo anello: se io fatturo a mia moglie le attività libero professionali, lei a sua volta deve registrarle sul medesimo codice attività, no? Ovvero: deve avere un codice attività secondaria "Attività degli studi di Ingeneria" a cui imputare le mie fatture?
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Non è detto.
Se la consulenza "ingegneristica" è secondaria ed accessoria rispetto all'attività normale, allora non servono codici ulteriori.
Quindi, per esempio, un'azienda che fa impianti elettrici può anche ri-fatturare il lavoro di progetto stilato da un ingegnere, e fatturato dall'ingegnere all'azienda...(C'è anche una scuola di pensiero che vorrebbe che il codice non sia necessario se l'attività è sporadica... ovvero un negozio di scarpe, una volta all'anno, può anche mettersi a vendere materiale di cancelleria senza dover variare il codice attività... ma su questo non ci metteri la mano sul fuoco).
Quesito: ma, una volta che hai la partita IVA, perchè non fatturi direttamente tu al cliente?
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Beh la tua domanda è lecita e questo sarebbe il motivo: siccome io sono lavoratore dipendente, il reddito da professione mi va a sommarsi a quello da dipendente e dunque passerei (già dalle prime fatture) allo scaglione contributivo più alto.
Tuttalpiù, iscrivendomi come contribuente minimo, avrei tassazione secca del 20%, ma non usufruirei della rivalsa IVA.
Pertanto per i lavori svolti per titolari di P.IVA conviene presentare fattura minima a mia moglie con il minimo tabellare da professione e lei rifatturare al cliente finale l'importo giusto, mentre pre privati potrei fatturare direttamente io.
Infatti lei, essendo nel regime delle nuove attività di lavoro autonomo, ha una tassazione omnicomprensiva IRPEF del 10%, ben oltre quella dello scaglione IRPEF in cui andreai a finire io!
Inoltre tale reddito contribuirebbe ad aumentare i contributi da versare alla Gestione Separata a cui lei è iscritta (è ancora giovane come età contributiva), mentre io ho già quella INPS da lavoro autonomo da un discreto numero di anni, quella di Gestione Separata (al 17%) per la libera professione, e la cassa ingegneri (2%).
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Effettivamente i numeri sembrerebbero darti ragione...
Considera però che, se apri nel regime contribuente minimo, anche se non hai la rivalsa dell'IVA hai comunque una serie di costi da iscrivere che potrebbero ridurti sensibilmente l'imponibilità sia IRPEF che previdenziale...
Esempi: metà di tutte le spese auto e benzina, metà delle spese acqua/luce/gas di casa (se intestate a tuo nome), ecc. ecc.
Io ad esempio ho quasi deciso di aprirmi la partita IVA come contribuente minimo, nel 2010, proprio perchè certi lavoretti potrei gestirli e fatturarli direttamente, e considerando le spese fisse che potrei detrarre al 50% riuscirei quasi a dimezzare l'imponibile da tassare al 20%...