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Censura sul web: proposte D?Alia e Carlucci
A seguito della pubblicazione su Facebook di post inneggianti alla mafia, il senatore D?Alia ha presentato una proposta di legge che, già approvata al Senato, prevede che ?quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine?.
I reati di apologia e istigazione a delinquere sono già presenti nel nostro ordinamento (art. 414 e 415 del codice penale). La proposta D?Alia, a differenza di quanto accade adesso, non prevede di attendere processi, ma si opera un filtraggio, una interruzione, come dire oscura, direttamente il Ministro dell?Interno con decreto. In sostanza l?esecutivo interviene nella materia di competenza della magistratura, contro la logica della separazione dei poteri propria dei regimi democratici.
Secondo quanto dice lo stesso estensore della proposta, se i siti di social network, come Facebook, MySpace, ecc?, non ottemperano al decreto, si oscura l?intero sito.Secondo Paolo Nuti, presidente di AIIP, ?il rischio è che anziché concentrare l'attenzione su chi utilizza Internet per compiere reati e rimuovere i contenuti illecitamente diffusi, ci si limita a nasconderne l'esistenza a un'opinione pubblica giustamente allarmata, ma sostanzialmente inconsapevole della differenza che corre tra pull e push, tra Internet e la televisione, tra censura e sequestro... di questo passo, si rischia di ripristinare la censura delle comunicazioni interpersonali, espressamente esclusa dall'articolo 15 della Costituzione?.
Inoltre, l?attuazione del decreto spetta ai provider, che devono obbligatoriamente porlo in esecuzione nel termine di 24 ore. Assoprovider ci tiene a precisare l?inutilità di tali misure, poichè la rete consente facilmente la creazione di meccanismi di elusione. Quindi censurare non serve a nulla, quello che occorre è scovare il colpevole e processarlo.
Ovviamente il problema è anche che in Italia vige la presunzione di innocenza, si dovrebbe quindi avere un regolare processo anche per i reati commessi su internet, non si può condannare o oscurare senza un processo o comunque un procedimento cautelare con decisione giudiziale.
Anche il Procuratore Antimafia Pietro Grasso dice: ?Non sono d'accordo per una censura del sito, oscurare non serve. Contro chi inneggia a quei boss bisogna scatenare una grande reazione civile. E sommergere quegli altri con una valanga di messaggi di segno contrario?. Ed infatti si sono avute più di 100 mila firme su Facebook per cancellare i sostenitori dei boss di Corleone. E altre 50 mila per gridare: ?A noi la mafia fa schifo?.Su questa proposta è intervenuto il deputato Cassinelli che, caso unico, ha aperto un blog per dialogare con la rete. Il suo emendamento alla proposta D?Alia prevede che sia l?autorità giudiziaria a disporre la rimozione dei contenuti, e non più l?oscuramento del sito. Alla rimozione deve provvedere direttamente l?autore del reato e, in seconda battuta il provider, solo quando però vi sia la possibilità tecnica di procedervi senza pregiudizio per l?accessibilità a contenuti estranei al procedimento. Secondo Cassinelli il testo D?Alia ?dal punto di vista tecnico mi pare scritto male, ed anche pericoloso per la libertà della rete: c?è il rischio - ad esempio - che per oscurare una singola pagina di Facebook (inneggiante, magari, alla mafia) si debba impedire l?accesso a tutto il social network. E questo mi pare, francamente, inammissibile?.
Ultima è intervenuta la proposta Carlucci che, secondo quanto lei stessa dice, dovrebbe tutelare dalla pedofilia online, poi in un?intervista parla di diffamazione, ma a leggere il testo sembra solo una legge in materia di pirateria digitale. Dal file .doc si rinviene, inoltre, che il testo probabilmente è stato redatto da Davide Rossi, presidente di Univideo, associazione di categoria che difende il diritto d?autore.
Il succo della proposta Carlucci sta nell?eliminazione dell?anonimato, per cui gli utenti della rete dovrebbero firmarsi sempre col loro nome. E l?obbligo di identificazione è a carico, ancora una volta, dei provider. E questo nonostante che la normativa comunitaria non prevede obblighi di controllo sui contenuti da parte dei provider, e una generale assenza di responsabilità per i contenuti (ne sarebbero responsabili solo e soltanto gli autori).
Altro punto di rilievo, secondo la Carlucci, è che alla rete si devono applicare le norme in materia di stampa, con tutti gli obblighi da esse previste. E questo nonostante recenti sentenze della Cassazione abbiano chiarito che internet non è considerabile stampa.La proposta D?Alia è stata già approvata al Senato. Mentre quella Carlucci è assegnata alla commissione legislativa.
P.S. Al fine di evitare inutili polemiche preciso che la parola Censura nel titolo è riassuntiva di un pensiero generale espresso da vari commentatori sul web. In particolare è stata usata da Pietro Grasso. Non ho messo tutti i link di riferimento per non appensantire il testo, ma le citazioni sono precise.