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Chi è responsabile dei contenuti di un blog?
Supponiamo che:
Tizio sia intestatario del dominio X (blog multiutente)
Caio pubblica un articolo che potrebbe essere considerato diffamatorioSecondo una, penso piuttosto nota, sentenza del tribunale di Torino la responsabilità cadrà su Caio.
Ma posso indicare una terza persona, es. Sempronio (ovviamente consenziente), come unico responsabile?
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Ciao Ministry,
no, in questa materia non è ammessa la delega di responsabilità (che comunque non farebbe altro che rendere corresponsabili entrambi).
In verità la responsabiltà è sempre di chi immette il contenuto diffamatorio, in quanto la responsabilità penale è personale. Poi si dovrebbe verificare se il gestore del blog (gli altri gestori) potevano essere a conoscenza dei contenuti immessi da altri. In teoria non hanno un obbligo di sorveglianza, per cui in assenza della prova della conoscenza del contenuto diffamatorio, gli altri gestori andrebbero esenti da responsabilità.
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Chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo.
Vi ringrazio entrambi per le spiegazioni.Forse dovrei entrare nello specifico per essere più chiaro.
Il dominio è gestito da un'associazione informale di persone (chiamiamoli "Amici del Bar Sport"), per cui non c'è una figura giuridica definita.
Tizio, che fa parte del gruppo, acquista il dominio a nome proprio.
I contenuti sono però gestiti dal gruppo nella sua globalità, e gli articoli sono appunto firmati collettivamente.
Ovvio che "internamente" si sa chi è l'autore, ma questo non è visibile dall'esterno.In caso di denunce il webmaster **Tizio **è la prima persona a cui si va a bussare, se non altro perché può indicare chi è l'autore incriminato (se non si era capito Tizio sono io! ), ma a quanto ho capito non dovrebbe avere grane di altro tipo.
Il problema, appunto, nasce dal fatto che se gli articoli sono firmati dal gruppo la pula non può sapere se l'autore materiale è **Caio **o Sempronio, e quindi l'unica soluzione praticabile sarebbe, piuttosto, indicare esplicitamente l'autore.
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In verità la Polizia può verificare l'Ip di chi ha immesso il contenuto e chi eventualmente lo ha modificato. In tal senso può identificare correttamente gli autori a cui attribuire la responsabilità dell'eventuale reato.
Però potrebbe anche accadere che, per motivi di economia processuale, la Polizia si limiti a chiedere all'intestatario del dominio chi siano gli autori dell'articolo incriminato. In tal caso non indicare l'autore potrebbe portare problemi all'intestatario del dominio. Ma è difficile dire quali possono essere la attività investigative che porranno in essere in un caso specifico.
In linea di massimo, però, la Polizia può tranquillamente stabilire chi ha materialmente scritto o modificato l'articolo, o quanto meno può giungere all'intestatario del contratto di connessione, tramite l'Ip. La verifica è cosa semplice e veloce.
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Ok, grazie mille per la delucidazione.
Un'ultima domanda: la firma dell'articolo e l'assunzione di responsabilità da parte dell'autore prevalgono sull'indirizzo IP?
Mi spiego: Tizio in buona fede pubblica l'articolo di Caio (il vero autore, che firma esplicitamente) che è sprovvisto di connessione internet. In caso di denuncia l'IP risulta quello di Tizio.
Quindi c'è una corresponsabilità tra i due?
La soluzione migliore (o forse l'unica soluzione) a questo punto mi sembra quella di creare più utenti e che ognuno si arrangi e si assuma le responsabilità del caso.
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E' difficile rispondere a queste domande, poichè molto dipende da chi fa le indagini, se ha tempo, se ha voglia, se ne capisce...
Comunque nel caso specifico direi che vi è corresponsabilità. Se Caio scrive l'articolo costituente reato, e Tizio lo pubblica, di fatto è come se se ne assumesse la responsabilità. Sarebbe un po' difficile sostenere che non ha nemmeno letto l'articolo in tal caso.
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Faccio notare che i tre dirigenti di Google sono stati condannati a 6 mesi di galera dal Tribunale di Milano perché "hanno accettato il rischio" di trattare illegalmente i dati altrui.
Quindi la corresponsabilità penale tra Tizio e Caio mi pare palese.
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Non è esatto. La sentenza Google-Vividown condanna i dirigenti di Google Italia in quanto non avrebbero informato chiaramente gli utenti della necessità di trattare lecitamente dati personali di terzi. In realtà si tratta di una problematica piuttosto diversa, non strettamente il caso in discussione.