• Moderatore

    Tristissima Dafne, hai ragione. 😞

    Separarsi dai figli a quell'eta dev'essere terribile.

    E separarsi dalla vita, oltretutto, a soli 28 anni.

    Alla nostra età, Dafne. E' agghiacciante. 😞

    Il tuo racconto - che introduce giustamente una poetessa che molti di noi non conoscevano - è quasi più avvincente della poesia stessa.

    E' vivido.

    Sei molto brava a fare le mini biografie Dafne, complimenti davvero. 🙂

    Sono "storie nelle storie" che ci avvicinano molto agli autori, come in questo caso.

    Vero valore aggiunto, soprattutto per lettori ignoranti e distratti come il sottoscritto. 🙂


  • User Attivo

    Ciao WWW,
    già la morte ci fa rimanere impietriti e la vita ancor di più.
    Ci domandiamo se tutto quel dolore sia stato realmente necessario..
    Egoisticamente rispondo sì, in realtà la bellezza di Teresa è venuta fuori dal dolore.
    Ogni volta che penso alla sofferenza come inizio di una grande poetica mi sovviene la vita di Leopardi. E allora scivolando sui suoi versi non posso che fare paralleli con la sua delusa vita e evincere che i poeti riescono a tirar fuori dai propri versi ciò che gli è stato negato dalla vita. ( Scusami per l'ingarbugliamento di parole)

    *S'agitano le tende e tremola la luce. *
    Chiedo alla notte desolatamente se sei tu ad animare queste cose, Anuarì.

    *Coricata supina sul giaciglio, *
    odo soltanto il furibondo palpito del cuore che solleva il mio petto.

    *Tutto ciò che mi cinge è avvolto nel mistero. *
    Tragicamente i mobili si scambiano confessioni segrete;
    gemono gli usci sulle loro soglie rugginose d'enigma,
    come in attesa di chi non verrà;
    e desolato freme il lampadario
    ove sembra vibrare un dolor muto.

    Mi contemplano, i quadri alle pareti, con lacerante sguardo di dolore
    Anuarì,Anuarì!
    Il mio grido si perde silenzioso nell'abisso implacabile del nulla,
    pure, per non soccombere,
    non posso fare a meno d'evocarti,
    avvinghiata ad un sogno inesistente.

    Ti ringrazio per i complimenti sulla mini-biografia, anch'io non ne so molto in riguardo ma la poetica della Montt è talmente affascinante che ho dovuto far ricerche..


  • Moderatore

    @dafne84 said:

    Ciao WWW,
    già la morte ci fa rimanere impietriti e la vita ancor di più.
    Ci domandiamo se tutto quel dolore sia stato realmente necessario..
    Egoisticamente rispondo sì, in realtà la bellezza di Teresa è venuta fuori dal dolore.

    L'avrei detto io, per come l'ho sempre pensata in materia.
    Ma non volevo passare per cinico. 🙂

    In realtà è proprio così.
    La vera bellezza, il fascino, il mistero... sono tutte virtù che si abbeverano nello stagno putrido del dolore.
    Ma è anche vero che tutti i dolori del mondo rifluiscono nello stesso abisso di sofferenza... in cui tutti facciamo il bagnetto, di tanto in tanto. 🙂

    E quindi la disgrazia è madre.. di molte poesie, come per Teresa.

    @dafne84 said:

    Ogni volta che penso alla sofferenza come inizio di una grande poetica mi sovviene la vita di Leopardi. E allora scivolando sui suoi versi non posso che fare paralleli con la sua delusa vita e evincere che i poeti riescono a tirar fuori dai propri versi ciò che gli è stato negato dalla vita. ( Scusami per l'ingarbugliamento di parole)

    Si. Sei stata di una chiarezza agghiacciante, in verità.

    🙂

    Perchè apri l'armadio della fantasia alla voce "rimpianto".
    E naturalmente citi Leopardi, tanto per non trovare appigli o false speranze.

    Ma non si tratta solo di delusione, io credo, non di "ordinaria" delusione comunque.

    Perchè c'è anche "sfida", nei versi. O "ricordo".
    Sempre "ricerca", magari di-sperata e priva di approdi; mai completa rassegnazione, comunque.

    Il poeta rassegnato ripone la penna.

    Invece è vero che lo sguardo poetico conosce cieli più vasti, è "necessariamente deluso" dalla sua finitezza umana.

    Vorrebbe vivere tutte vite, amare tutti gli amori, sognare tutti i sogni del mondo.

    Racchiudere tutti i gorghi del cuore in una quartina.

    Questo tipo di delusione accompagna tutti i poeti, per forza.

    Ma la vita va morsa, Dafne, va colpita al cuore con lo stiletto più acuminato di cui si dispone.

    Tempo per rimorsi e per sconfitte se ne trova sempre.

    Ma prima di cantare delusioni, se ancora si ha la forza, occorre temperare la matita e comporre sfide.

    Tanto.... da sempre si muore mentre si rincorrono i sogni, che sono sempre sfuggenti, per definizione.

    Alcuni corpi sopravvivono alla morte del sogno, è possibile.
    Ma per loro si può ancora parlare di vita, vita vera?

    No. E comunque non ci riguarda, che il nostro destino è necessariamente diverso.

    E lo dico a te che sei Dafne, che come nulla rubi il cuore agli dei.

    Ma vale per tutti, penso.

    🙂


  • User Attivo

    Ciao WWW,
    hai ragione a dire che la sofferenza che porta molti poeti a creare versi magnifici non sia ordinaria..talvolta è dolore esistenziale, sofferenze che minano la vita.
    A mio dire, la poetessa è rassegnata e la sua rassegnazione è data dalla fine a cui è andata incontro.
    La vita le era già sfuggita e la penna era l'unica parte ad essere ancora in vita.
    Dai suoi versi si nota l' abbandono, Montale forse chiamerebbe questa esistenza come morte in vita.
    Già, il poeta vorrebbe vivere infinite vite ed essere infinte persone per provare altrettante emozioni. E logicamente da ciò nasce quella che tu chiami " necessaria delusione". Tanta sensibilità è una fantastica maledizione e forse noi siamo i più fortunati, possiamo fare tesoro delle loro parole senza vivere i loro patimenti.

    Dafne ruba il cuore agli dei ma senza che avvenga purtroppo a lei, preferisce lunghe radici d'Alloro..;)


  • Moderatore

    @dafne84 said:

    Dafne ruba il cuore agli dei ma senza che avvenga purtroppo a lei, preferisce lunghe radici d'Alloro..;)

    Eh già.
    🙂
    Colpa di un Cupido dispettoso, come sempre.

    Ma d'altra parte l'alloro è destinato ai "migliori fra gli uomini, capaci d'imprese esaltanti". fonte: Wikipedia - Dafne]

    image

    E ce ne sono a milioni di uomini migliori di Apollo ....

    ..... anche se consideri quanto erano "pessimi" gli dei greci da certi punti di vista [infedeli, iracondi, superbi, gelosi, violenti].

    Ma sono del tutto solidale con te.

    Anche oggi il mondo non pullula di divinità maschili...

    :rollo:


  • User Attivo

    Il sommo WWW ne sa una più del diavolo ;),
    i dei greci non riscuotevano grande successo, e le ninfe preferivano uomini comuni magari meno narcisi :D...
    E il Sole lo si può cercare altrove...


  • User Attivo

    Credo sia giusto non avere rimpianti e continuare o ritentare. Non tutti ci riescono (io lo so).
    Trarre dal dolore e dalla tribolazione arte, poesia o scienza non è sempre possibile. Se il dolore è troppo, è difficile scrivere. Se non si è predisposti alla poesia o in un periodo inaffettivo, è difficile creare.
    Credo sia un discorso veramente importante.
    Dafne persona positiva.
    WWW persona positiva.
    Passo e chiudo.


  • User Attivo

    Cadere e rialzarci è segno di forza.
    Un passo dopo l'altro ci si abitua e il cammino si fa meno faticoso ma talvolta alcuni poeti cadono in quello che giustamente WWW chiama l'Abisso di sofferenza.
    E Riprendere il proprio cammino diventa cosa quasi impossibile, il poeta si rigira nel proprio dolore talvolta facendone il cavallo di battaglia. Forse un modo per essere diversi e più sensibili.
    Si finisce con il sentire il dolore con tutti i sensi e concludere la vita come l'eroe-eroina romantica che inghiotte veleni e muore dopo ore di sofferenza. Tutto ciò è indubbiamente sbagliato ma è umano, infondo questo nostro vivere non è che attraversare un' oscura selva e resistere il più a lungo possibile.
    La legge della Natura tocca anche a noi Finti Civilizzati.

    Versi Sparsi (Teresa Wilms Montt)

    Così vorrei morire,
    come lucerna sparsa sulle cose,
    densa d'ombre soavi e timorose.

    Agonizzando vivo e il mare sta ai miei piedi e,
    corona alle tempie, il firmamento.

    ...é il mio diario.
    Sono io, la donna dannatamente ignuda
    contro il mondo solido e stabilito,
    io, la grande fra tutto ciò che è piccolo
    io, la bimba,
    la piccola difronte all'infinito....


  • User Attivo

    (riprendendo in modo più prosaico):

    Il giovane studente di fronte al carrarmato in piazza Tienamnen è come un bimbo nudo di fronte ad uno tsunami, di fronte all'immensità dell'infinito e dell'eternità del tempo.

    Siamo tutti quella bimba ignuda,
    siamo tutti nella stessa barca!

    Nei versi di Dafne c'è verità, una verità universale: noi di fronte all'inconosciuto, all'inconscio, al sogno, alla pazzia, all'infinito, al "dopo".
    Nei versi di Dafne c'è molto di lei rappresentato in concetti e sensazioni in genere impossibile da esprimere a parole.
    Beata lei.


  • User Attivo

    Ciao Stefano,
    Il fatto di Tienamem è un ottimo esempio di come l'uomo riesca a rialzarsi e il buon Stefano ne ha dato un esempio lampante.
    Nei versi della Montt c'è molto da imparare, sono sorsate di vita talvolta amare ma necessarie..Anche se lei non è riuscita a rialzarsi perchè la vita non le ha dato modo di farlo sappiamo dai suoi versi che ha combattuto.


  • User Attivo

    «Anche se nel piccolo, nei miei limiti, io ho fatto la mia parte.»
    Poter dire questo è poter affermare che si è amato un'idea, una persona, una nazione o una disciplina interiore.
    Amato l'aspetto magico e quello crudo della vita.