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Un caso di coscienza
Stamattina, mercoledì 18 aprile 2007, vado come ogni giorno in ufficio.
Intorno alle nove alzo la cornetta del telefono. Ero solo.
E lì sono diventato ?gay?.Sono partito dal finale, scusate... la storia in realtà inizia sabato scorso.
Roma, piazzale degli Eroi ore 10,30.
Androne del palazzo ove ha sede la sezione di Roma del gruppo di autoaiuto terapeutico per nevrosi comuni: uno dei tanti gruppi di autoaiuto.
È la prima volta che vi partecipo (da un anno che ne avevo avuto notizia).
Finalmente saliamo al 5° piano ed entriamo in un grosso salone rettangolare ove c?è un lungo tavolo con le sedie disposte su due file, lungo i lati del tavolo.
Essendo io il più ?nuovo?, danno a me la parola.
Parlo di me, della mia nevrosi, del problema che ho con mio figlio, e un po? (poco) di mia moglie e mia figlia grande. Quando finisco mi arrivano, una alla volta, indicazioni, consigli, ma più che commenti, attestati di solidarietà. A un certo punto arriva il Coordinatore con una donna.
«Buongiorno, vi presento Daniela. È la prima volta che viene fra noi. Abbiamo parlato prima nell?altra saletta.»
Poi, volgendosi a lei, gli dice: «Daniela, vuoi esporre tu il tuo problema?»
Daniela è una donna sulla quarantina, un po? grassa, con gli occhiali. Inizia a piangere con la faccia fra le mani.
Dopo un tempo che sembrava lunghissimo (ma che in realtà durò meno di un minuto) incomincia finalmente a parlare fra le lacrime.
Racconta la sua storia.
Ha perso la mamma da piccolina, si è laureata in Ingegneria Civile Edile ed ha il diploma di chitarra classica che suona regolarmente, ovvero, che suonava fino a due anni fa, quando iniziò a stare malissimo. Viene da una famiglia borghese, colta, raffinata. Ne capisce di musica, di gruppi moderni e degli anni ?70 e ?80 (e anche di prima e dopo).
Si sposa giovane e, appena avuta la sua bambina, viene piantata dal marito.
Quando erano sposati avevano dei rapporti ?veloci? (lui era ?precoce? sessualmente) e incolpava continuamente la moglie di frigidità, anorgasmia, fino a convincere anche lei che non ne capiva molto in materia: la trattava come una bambola gonfiabile.
Sempre piangendo ci racconta che lei era bellissima e si avvicina ad ognuno di noi mostrando una sua foto.
«Ecco, ecco come ero! Guardate come ero bella, e ora sono un cesso!» e scoppia in un pianto dirotto.
In seguito aveva avuto un compagno.
Un bel giorno gli viene ?sequestrata? la figlia dai servizi sociali. Non so come, ma il marito aveva fatto in modo da sottrargli la figlia, non per averla con sé! Solo per mandarla in una casa-famiglia!
Per sei terribili anni la bambina non ha avuto genitori.
A questo punto, prima una donna del gruppo, poi un?altra, la confortano. Ma lei continua a piangere, a dirotto. Poi cerca di confortarla un giovane uomo del gruppo sposato, con la moglie. Lei urla: «Ma tu ce l?hai una compagna, perciò parli! Eppoi tu non ti metteresti mai con una come me!»
Poi, continuando a piangere, racconta che è stata anche abbandonata dal compagno: in tutta la sua vita non ha mai avuto un uomo che non l?abbia mandata a quel paese. Non ha MAI avuto fortuna con gli uomini.
Dice, con voce rassegnata, ?io sono morta?.
Riesce a sopravvivere per la figlia che poi, dopo anni di sacrifici, ha riavuto. È libera professionista ed ha dei contratti particolari (di tanto in tanto) con la Pubblica Amministrazione.
Ognuno dei presenti cerca di calmarla, confortarla, consigliarla. Chi diceva la propria esperienza, chi la esortava a rivolgersi da uno specialista... un po? tutti partecipavano a lei (ognuno con i propri limiti).
Io zitto.
Di fronte a lei seduto, in ascolto.
Il mio ascolto non si limitava alle parole ma si estendeva ai pianti, alla mimica, al fatto che lei non si sentisse capita (nonostante tutto), compresa, amata.
Dentro di me avvertivo come un ?impulso?, netto, chiaro: l?unico modo di aiutarla in quel momento era il conforto fisico, un abbraccio stretto, profondo, accompagnato da un bacio, un bacio vero. Proprio così, davanti a tutti, all?improvviso.
Ma non lo faccio.
L?impulso ad agire però rimane, è forte, imperativo: si trattava di un caso di emergenza, in me c?era certezza, non dubbi, né tanti pensieri.
Quando finì l?incontro (non senza averle dato l?impegno di un appuntamento con un professionista magari universitario, presso una struttura pubblica, appuntamento fatto da uno del gruppo che si occupa di queste faccende, e che avrebbe comunicato a lei per telefono ad appuntamento preso per non gravarla del pensiero) fummo gli ultimi ad uscire, io e lei.
Ci trattenemmo un attimo sul ballatoio, gli altri stavano giù per le scale o in ascensore.
In quel preciso istante che rimanemmo isolati dagli altri, la presi fra le braccia e, stringendola, la baciai dolcemente.
Fu un doppio bacio, sia nel senso che fu ricambiato e sia perché durò il doppio della media nazionale calcolato dalla mia personale esperienza.
Fu un bacio ?vero?, non semplicemente ?appoggiato sulla bocca?. Volli dare il massimo, ma con dolcezza, estrema dolcezza. Fu ?voluto?.
E fu il più grande errore della mia vita.
Scendemmo anche noi le scale, ci vedemmo con gli altri, parlammo del mio libro. Ci salutammo.
Lei doveva fare lo stesso mio percorso. Mi chiese se potevamo fermarci a prendere un caffè. Io veramente avevo un servizio da fare il pomeriggio, ma avevo ancora del tempo davanti a me. Accettai.
Al bar parlammo di noi, dei nostri amori passati, di episodi del presente.
Durante il percorso di ritorno volli fare una doverosa precisazione.
«Senti,» le dissi con calma, «quel mio ?gesto? di prima, su al gruppo di autoaiuto... voleva significare ?ti do me stesso?, capisci? Più di questo non ti posso dare.»
«Perché ti giustifichi?» mi disse.
Capii che lei aveva capito.
Sin dall?inizio le avevo raccontato che ero sposato con figli.
Mi chiese se volevamo scambiarci i numeri di cellulare. Perché no.
Arrivati alla Stazione Termini, la stavo accompagnando a prendere l?autobus.
Lei disse: «Ma tu non dovevi prendere la metro?»
Io risposi: «Sì, ma ti voglio accompagnare lo stesso vicino al tuo autobus.»
Lei: «Oh... non ti disturbare, posso andare da sola.»
Io ribattei: «È come se ti avessi offerto una sigaretta, sono io che te la offro, non tu che me la chiedi. Prendila.»
E così si fece accompagnare fino al capolinea. L?autobus era già lì. Ci salutammo con un delicato bacio appena appoggiato sulle labbra, come due vecchi amici.
Lei disse: «Posso contare su di te, ti rivedrò?»
«Certo» dissi io, «non ti mollerò mai.»
«Posso fidarmi di te?»
«Fidati di me.»
Lei salì sull?autobus.
Presi tranquillamente la metro, sereno. Sapevo di aver fatto la cosa giusta. Già, così credevo, davvero, ve l?assicuro.
Dopo circa cinque minuti mi arriva un messaggino sul cellulare, un sms: era lei.
Era il testo di una canzone di Fred Mercury, dei Queen.
Io risposi con un altro sms in cui dicevo che non conoscevo bene l?inglese. Mi rispose con la traduzione, qualcosa come ?cercatemi qualcuno da amare?. Bel testo, belle parole d?amore.
Da quel messaggio in poi, mi trasmise oltre trenta altri sms a cui io, per delicatezza (avendo conosciuto il tipo di persona e sapendo quanto avesse sofferto nella vita) risposi sempre.
Il giorno dopo iniziarono a diventare più ?amorevoli? o forse sarebbe meglio dire ?amorosi?. Del tipo ?ti voglio vedere?, ?ho bisogno di te?, ?ti penso sempre, e tu?? etc. etc.
Io rispondevo sempre garbatamente, a volte a tono, scherzosamente, altre volte più ironicamente prendendo le distanze.
Il giorno seguente i messaggi divennero più ?espliciti?.
?Ti voglio?, ?ti voglio anima, mente e corpo?, ?ti bacio tutto, dai piedi alla testa, davanti e di dietro?, e via di seguito. Poi seguirono le telefonate, sempre lunghe, in cui piangendo e ansimando, mi chiedeva di stare al telefono, di stare con lei, di ?fare certe cose in bagno? e molto, molto altro ancora.
Ne parlo con la mia psicologa la quale mi consiglia di troncare l?equivoca relazione perché dall?altra parte non ero capito. Mi disse anche di non rispondere ai messaggi e alle telefonate ma di chiarire una volta per tutte la situazione da vicino: non era una bambola.
Aggiunse ?non pronunciare mai la parola amore con lei?. Riteneva che fosse preda di un delirio amoroso. Mi avvisò pure di comunicare tutto quanto al mio gruppo di auto-aiuto.
Uscendo dalla psicologa le telefonai e le annunciai quello che mi aveva riferito. Lei rispose con voce pietosa: «Non puoi farmi questo, non puoi farmi questo... avevi detto che sarebbe rimasta una cosa fra noi due! Hai detto che mi potevo fidare di te, che non mi avresti mai mollata...»
Era vero, perbacco! Gli assicurai che nonostante tutto non l?avrei mollata. Le dissi che ci saremmo rivisti sabato mattina e di calmarsi, di stare sicura. Le spiegai che la psicologa era legata al segreto professionale e che tra medico e paziente doveva esserci un rapporto di fiducia, sennò era inutile andarci.
La sera stessa telefonai a una responsabile minima (ma comunque responsabile) del Gruppo di auto-aiuto.
Le dissi TUTTO.
Lei rispose che ne avrebbe dovuto parlare con il capo responsabile e mi avrebbe fatto sapere. Mi avvisò che, secondo lei, non avrei mai dovuto più nemmeno incontrarla per chiarire da vicino. Dovevo anche subito cambiare numero di cellulare.
Io assentii però mi riservai sul fatto di vedersi perché ormai l?avevo già promesso.
Ne ho parlato poi anche con una mia vecchia amica, anche lei ?sbandata? ed in situazione particolare. Praticamente mi disse le stesse cose della psicologa. Ne ho parlato pure con una mia cara cugina che mi disse di troncare subito e che, se ne avessi avuto bisogno, poteva fingersi mia moglie e dirgliene quattro. Io la ringraziai ma rifiutai l?offerta. Certo era fondamentale non far trapelare nulla a casa. Ma lei continuava a tempestarmi di sms e telefonate. Anche in orario pomeridiano, e anche tardi. Ho dovuto fare i salti mortali in casa per non far notare troppo tutti quei messaggi in arrivo, e prevenire le telefonate, telefonando io stesso da fuori casa. La avvisai di non mandarmi sms e telefonate nel pomeriggio e di sera.
Il primo giorno rispettò questa mia volontà, poi riprese.
Ho dovuto iniziare a silenziare il cellulare e, in alcune fasce orarie, a spegnerlo del tutto.
Io che ho problemi di madre molto anziana, sorella malata, figlio che mi chiama per essere venuto a prendere al doposcuola, essere reperibile per comunicazioni di mia moglie... ma anche messaggi e telefonate da vecchi e cari amici, ho sofferto molto questa privazione (e avevo anche timore che qualcuno, soprattutto familiare, avesse necessità immediata di reperirmi come è successo quando è caduta mia madre, per ben due volte).
Lei voleva sempre conferme del mio amore, io sempre a ribadire che il mio era amore fraterno. Ma niente, continuava a ripetermi che anch?io, in fondo, l?amavo. Anche a livello sessuale!
Per delicatezza non le dicevo le cose duramente come avrei voluto, rispondevo controllandomi sempre, anche se non accordavo nulla.
Le sue erano parole d?amore bellissime, sofferte, sentite, che nascevano dal cuore... questo lo devo riconoscere. Lei vedeva in me una figura carismatica, diceva che ero UNICO. Non aveva mai detto queste cose a nessuno, mai. Di quelle ?osé? si vergognava di se stessa. Mi ripeteva che questa nostra relazione era un?occasione unica, che mi avrebbe dato tutto, fatto tutto con me, anche cose indicibili. Mi amava come non aveva mai amato nessuno, e diceva pure che io avrei dovuto prendere questa occasione, accettare il suo amore perché anch?io ne avevo bisogno. Lei era sincera, convinta. Io cercavo di risponderle sinceramente, ma proprio per questo mio essere trasparente, sincero, aperto, dovevo ammettere che avevo un ?buco d?amore?, e anche sessualmente avevo sofferto molto, moltissimo la mancanza di una donna, per decenni: una vera tortura. Ma ora ero ?impegnato? e comunque non mi sentivo di fare queste cose con lei, di ?approfittarne?. Lei si arrabbiava a queste risposte: non era un approfittare! Lei mi ?voleva? liberare, salvarmi.
Qualsiasi cosa dicessi venivo ricusato. Se, per esempio, io dicevo che ero come un prete (rifacendomi a un suo riferimento scherzoso) lei subito rispondeva ?i preti scopano meglio degli altri?. Non c?era verso, niente, per farla desistere.
In ufficio ho degli amici, due in particolare con i quali ci parliamo di tutto, scherziamo ma ci diciamo pure cose serie, profonde. Lo stesso parere delle altre persone consultate coincideva con il loro. Dovevo immediatamente cambiare numero al cellulare e troncare tutto, o altrimenti scoparla. Punto.
In effetti io rifiutavo di ?mandarla a quel paese? anche dolcemente, garbatamente, delicatamente. Io non ho diplomazia, tranne rare volte. Non sarei mai capace di parlarle con la dovuta risolutezza, con pacato distacco; non sarei mai riuscito ad essere ?come un diamante? (come disse la mia psicologa).
Fu così che sono arrivato alla soluzione ?estrema?.(mercoledì, 18 aprile 2007, ore 9,00 circa)
Alzo la cornetta del telefono e la chiamo. Ci salutiamo, parliamo un po?, poi io le dico: «Ho un gran segreto da rivelarti, non ne ho mai parlato con nessuno, nemmeno con mia madre.»
Lei non capisce a cosa mi riferissi, mi chiede, vuole sapere.
«Sono gay.»
«Ma tu hai i figli!»
«L?ho scoperto tramite un mio psichiatra sette anni fa.»
Silenzio.
Poi lei, con voce sottile, sottotono, quasi arrabbiata fra i denti, disse: «Se tu mi stai dicendo questo per allontanarmi...»
Io la rassicurai subito che era la verità.
Mi chiese se ero mai stato con un uomo. Risposi di no, mentire mi era già pesante, ma fino a quel punto... le dissi che ero timido e che poi, se si fosse risaputo, mi avrebbero emarginato.
Comunque lei è convinta che è colpa delle donne che mi hanno sbattuto la porta in faccia, è convintissima che lei può cambiarmi, aiutarmi, salvarmi. Devo solo aspettare, provare, stare con lei (lei sa cosa fare). Riuscirà sicuramente col suo amore. Già, così dice lei. Io non ho mai corrisposto a questa sua tesi, ho comunque sempre cercato di essere garbato.
In seguito le ho confidato che io ho dei lati oscuri che lei non conosce, dei difetti, dei segreti che non posso rivelarle. Deve fidarsi di me fino a un certo punto.
In tutto questo, i miei due amici in ufficio, hanno assistito ad alcune mie telefonate (già conoscevano il fatto).
Uno l?ho quasi perso perché pensa che io, a questo punto, mi diverta in tutta questa situazione, che se veramente volevo, potevo cambiare numero e mandarla a quel paese. L?altro amico ha mantenuto un pietoso riserbo.Ma a questo punto io mi chiedo: posso io che nel passato ho sofferto in prima persona la mancanza di amore delle donne, la mancanza di sesso, staccare di netto con questa povera disgraziata? Posso io, invece di aiutarla, sostenerla... eliminarla del tutto dalla mia vita? Per lei io sono rimasto l?ultima spiaggia, l?unico su cui può contare, confidarsi, avere fiducia, appoggio morale. Che può capirla, volerle bene.
Ci sono state anche numerose coincidenze. La sua professione simile alla mia, l?interesse per la musica e la chitarra in particolare, il nome di sua figlia uguale al nome di mia figlia, l?età di sua figlia uguale all?età di mio figlio... e tante altre cose.
Ha detto che se l?abbandono non avrebbe motivo alcuno di vivere, e poi non è giusto: perché io sicuramente posso tornare uomo, lei può aiutarmi, amarmi...
Come faccio a ?rompere? di netto con lei... povera creatura sfortunata. È vero che nessun uomo l?ha mai amata. Neanch?io la amo in ?quel senso?.
Però almeno l?amicizia, l?affetto, il calore umano, un semplice abbraccio... almeno quello non si può negare nemmeno a un cane. Quello lo posso dare: non sono Dio, non sono Superman, forse non sono neppure un granché di uomo, ma almeno sono un uomo. Sono umano, non un robot senza sentimenti.
Non sono d?accordo con quanti sostengono che debba lasciarla sola, al suo destino, definitivamente e in tutti i sensi.
Ma allo stesso tempo non so come continuare, sento che ho dei limiti. Ho comunque da badare a me stesso, alla mia salute, la mia famiglia.
Il mio cuore è stracciato a metà, io che sono stato nel dolore più profondo nel passato, ora dovrei diventare carnefice? Dovrei ?distaccarmi? da lei, vederla come un?estranea, un ?nessuno? qualsiasi?
Così, di botto?
Io, in verità, vedo un Cristo in croce che dice ?Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?.
Io che ora ho il ?potere? di decidere la sua sorte, me ne dovrei lavare le mani?
E poi parliamoci chiaramente... di chi è la responsabilità di tutto ciò, chi è che ha iniziato? E ora dovrei salutare e andarmene, così, come se nulla fosse? Proprio io che sono stato male, solo, abbandonato dalle donne...
Ora ho amici, famiglia, casa. Comodo allontanare quella donna, come un pupazzo che non ci piace più.
Il giorno prima che mi conoscesse, comprò un pupazzetto di ranocchio. La figlia volle con tutte le sue forze che quel pupazzetto fosse messo sul letto al posto del padre, e gli diede anche un nome: il mio. Strana coincidenza, vero? E la mattina dopo lei conosce me, che la risolleva, che la fa rivivere, che la ?riaccende?.
E ora devo ucciderla.
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Bel "racconto" - nel senso che racconti sprazzi di tuoi ricordi personali, se non ho capito male.
Con abili artefizi letterari, anche - impagabile l'incipit con cui conquisti il lettore, annunciando della tua sopraggiunta omosessualità.
Ma visto che si tratta di "roba vera".....e drammatica anche.... che dirti... .... solo che può capitare, questo mondo è pieno di problemi.
E' possibile incontrare persone strane, magari in difficoltà.
Molto marginali e limitrofi all'ignoto, in fondo, siamo tutti preda di noi stessi e dei nostri limiti.
Emarginati, periferici alla nostra stessa vita.Ma sulle vicende non dico nulla, che veramente non potrei.
Già di là siamo impegnati a discettare dell'amicizia tra uomo e donna e delle sfumature con sentimenti diversi.
Ma un conto è discutere amabilmente tra amici e forumisti.
Altro è il tuo racconto "pieno di vita reale".
Come racconto è ottimo, molto vivido in alcuni tratti.
Come "cronaca" è abbastanza credibile - nel senso che il lettore ti può concedere facilmente fiducia e seguirti nei vari episodi che narri.
Come autoanalisi però.... è troppo lucida per bastare a se stessa.
Naturalmente potrebbe essere voluto - per scelta letteraria, e allora come non detto.Ma altrimenti... non ce la racconti "tutta", su questo tuo rapporto con Daniela.
Non puoi averla corrisposta solo perchè era un "caso di coscienza".
Mi sta benissimo che le tue intenzioni siano e siano sempre state molto meno "determinate" delle sue, ma c'è senz'altro qualche motivo in più che ti ha portato a risponderle tutto quel tempo.
Anche tu sei attratto, in qualche modo.
E buttarla sull'altruismo disinteressato è solo.... una scappatoia.
Magari una LUCIDISSIMA scappatoia a FIN DI BENE.Di uno appena più razionale, e senza dubbio di una brava persona.
Molto lucida, direi, quando ci scrive delle sue esperienza ai margini.Naturalmente posso anche concederti che questo fosse solo lo slancio di un ricordo, il rumore di fondo di un incontro che valeva sicuramente una Storia.
E che tu semplicemente abbia scritto per lasciarla fluire via, per capire meglio qualcosa di te stesso e per raccontarla a noi.E anche in questo caso hai tutta la mia solidarietà.
Grazie per aver condiviso questo squarcio, caro Stefano Starano.
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Sto in un percorso con una psicologa. Molte volte mi ha chiesto "perché veramente" su alcuni episodi. Ho sempre risposto che non lo so. Ma qualcosa c'è. Ci può essere l'orgoglio di essere incompresi, di essere gli unici ad avere sensibiltà e quindi... di essere "migliori".
Damiela mi pone più problemi di quanti ne ponga io col suo essere: ma forse sto dicend una stupidata, forse è l'esatto contrario.
Stavo in un momento di euforia.
Oggi 27 luglio 2008 mi rivedo per l'ennesima volta con lei.
Non so che dire: sbaglio o cerco di aiutarla, non so. Ma lei mi aiutò.
L’estate scorsa mi è stata molto vicino incitandomi a risalire, diceva: «Lo so che le parole ti scivolano come acqua sul marmo» ma mi parlava lo stesso.Un giorno (io stavo male da non telefonare a nessuno e mi pesava quando altri mi telefonavano, fosse pure stato Gesù Cristo sceso sulla Terra apposta per me) misi il telefono di casa fuori posto e il cellulare spento. Lei si preoccupò (anche perché io avevo paventato il suicidio – e vero era): venne da un'altra provincia senza conoscere i posti, di Ferragosto, a piedi (cioè, con i mezzi – ovvio). Salì, poi ridiscese e comprò un gelato per me. Quella notte dormì con me. Mentre stava seduta sul letto cadde svenuta e si fece male al collo del femore: io me ne sbattei proprio niente. Poi lei rinvenne da sola. La ospitai per quella notte non cagandola proprio. Io dormii senza sapere un cavolo del mondo e lei dormì al mio fianco vegliandomi tutta la notte. La mattina mi disse che io avevo ogni tanto dei movimenti rapidi, poi la cacciai.
Una volta mi regalò un cofanetto con una farfalla azzurra e con una lettera che fu la più bella che io avessi mai letto in vita mia.
Io lo rifiutai (la lettera l’accettai).
Per telefono ha cantato i Queen e Fred Mercury che lei ama moltissimo, s’è comprata un pianoforte vero perché io le avevo detto che poteva (sapendo suonare benissimo a musica), l’ho fatta ridere o sorridere. Ha letto “tutti” i miei libri e racconti…
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@Stefano Starano said:
[...] Ma qualcosa c'è. [...]
Oggi 27 luglio 2008 mi rivedo per l'ennesima volta con lei.
Non so che dire: sbaglio o cerco di aiutarla, non so. Ma lei mi aiutò.Ancora titubi, a distanza di tempo, e nonostante momenti in cui ti rendi perfettamente conto che "qualcosa c'è", esiti e non riesci a definire questi vostri incontri. Ma li racconti molto bene.
Esattamente come ogni uomo quando ha un legame con una donna: ti senti folle ed euforico, e di nuovo folle.
C'est la vie, caro Stefano...
@Stefano Starano said:[...]
Per telefono ha cantato i Queen e Fred Mercury che lei ama moltissimo, s?è comprata un pianoforte vero perché io le avevo detto che poteva (sapendo suonare benissimo a musica), l?ho fatta ridere o sorridere. Ha letto ?tutti? i miei libri e racconti?Avete "vissuto" assieme, da quello che dici.
Nel senso di aver avuto il tempo di condividere sorrisi, pianti, racconti e musica.... mi pare che le tue parole siano del tutto inequivocabili, caro Starano, questa Daniela non è solo una "presenza", nè tanto meno un semplice "caso di coscienza".... c'è del tenero "sotto" e mi sembra difficile che tu lo possa negare veramente...
Ma se vi frequentate ancora vuol dire che ... ancora vi trovate bene e avete qualcosa (moltissimo) da condividere.
Sbaglio?
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Io credo che si tratti di isteria con trance simile a quella ipnotica (un'isteria molto forte, sincera, di cui non si ricorda assolutamente nulla - io le ho "strizzato" forte i seni ed era come morta - ).
Dopo una mia dichiarazione di voler chiudere la nostra relazione, si verificò una trance. La trance si ebbe dopo quaranta minuti di svenimento durante i quali diedi dei pizzichi forti e forti strizzate di seni. Dopo appunto 40 minuti si svegliò con un urlo di paura. Immediatamente dopo mi ha guardato come fossi il mostro di Lokness. Ha iniziato a parlare in perfetto inglese per un quarto d'ora chiedendomi chi fossi. Dopodiché gli è uscito sangue dal naso bello rosso. Prese il pulmann per il paese e fu ricoverata di pronto soccorso ove le praticarono una TAC (là sono più attrezzati dei nosri ospedai) e dove chiesero se aveva avuto un forte dispiacere: risultò un lieve ictus senza conseguenze.
Nell'ultima isteria si è sollevata dal letto in maniera innaturale (difficile spiegarti a voce, dovrei farti vedere da vicino) cioè stesa sul letto, con le braccia in alto come se realmente fosse tirata su da qualcuno in alto, si alzò a sedere in mezzo al letto. Se tu volessi alzarti in mezzo al letto dovresti appoggiare le braccia dietro di te. Poi guardando davanti a sé (io stavo di lato) ha visto qualcosa. Poi cadde di botto sul letto. Poi iniziò ad avere dei movimenti bruschi e rapidi per circa 5 minuti. Poi iniziò a guardare in alto e ripeteva "avevi ragione, quello stronzo...".
Io penso che abbia avuto davvero un'esperienza con uno stato alterato di coscienza.