- Home
- Categorie
- Impresa, Fisco e Leggi
- Consulenza Fiscale
- compatibilità/incopatibilità categorie economiche
-
compatibilità/incopatibilità categorie economiche
Salve a tutti !
Innanzi tutto i complimenti per la qualità di questo forum, davvero ricco di post e risposte interessanti.
Provo dunque ad approfittarne esponendo una questione che mi riguarda ma che a livello generale potrebbe essere interessante anche per altri utenti...
Sto per intraprendere una attività di consulente in ambito internet+comunicazione alla quale vorrei affiancare anche quella di intermediazione immobiliare...
Apparentemente, le rispettive categorie economiche potrebbero apparire prive di affinità, ma nella mia visione "l'accoppiata" avrebbe comunque un senso...Ebbene, vorrei porre i seguenti quesiti sperando in qualche risposta chiarificatrice:
- In generale, vi sono dei vincoli compatibilità/incombatibilità tra le categorie economiche che si possono scegliere nel ATECOFIN2004 ?
- Per fare un esempio pratico... sarebbe possibile aprire una attività che indica contemporaneamente le seguenti due categorie economiche:
- 70.31.0 Agenzie di mediazione immobiliare
- **72.60.0 Altre attività connesse all'informatica (inclusa anche la creazione grafica in ambiente web) **?
- Se SI, chi è che stabilisce la compatibilità/incompatibilità e sulla base di quali parametri ? Forse le Camere di Commercio ?
- Se NO, e quindi fosse possibile, ciò comporterebbe un esborso maggiore a livello fiscale ?
- Infine... cercando sul web informazioni al riguardo, mi sono imbatutto nella figura di "società multi-servizio", ma non sono riuscito a capire come si prefigura giuridicamente... di che si tratta ? Potrebbe fare al caso mio ?Grazie infinite per qualsiasi delucidazione che possa aiutarmi a capirci un pò di più...
Cordiali saluti
F. Perenti
-
..rileggendo il messaggio da me postato mi sono accorto che c'è una imprecisione... i SI/NO dei quesiti 3 e 4 sono i seguenti:
- Se NO, chi è che stabilisce la compatibilità/incompatibilità e sulla base di quali parametri ? Forse le Camere di Commercio ?
- Se SI, e quindi fosse possibile, ciò comporterebbe un esborso maggiore a livello fiscale ?
Grazie e Cordiali saluti
F.Perenti
-
La lett. c) dell'art. 18 della legge 57/2001 [CI01-1442] recita: "L'esercizio dell'attività di mediazione è incompatibile: a. con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b. con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitata".
Il legislatore ha ribadito il principio dell'incompatibilità già espresso nella legge 39/1989, art. 5, comma 3, ma in particolare per quanto riguarda il punto b. l'ha ricondotto a un concetto sostanziale, effettivo esercizio di altra attività: più vicino a una logica di mercato. La vecchia normativa, infatti, rimandava l'incompatibilità "con l'iscrizione in altri albi, ordini, ruoli o registri e simili"; quindi, a un principio formale, burocratico.
La norma ribadisce anche l'incompatibilità con l'attività di dipendente, e ciò in particolare a superamento della legge Bassanini, sulla riforma della Pubblica amministrazione, che apriva degli spiragli alla compatibilità fra part time pubblico e iscrizione al ruolo. Il Parlamento ha ritenuto di accogliere il principio della terzietà del mediatore, principio sancito dal codice civile e ribadito dalla legge 39/1989, e di tutelarlo: in tal senso, per esempio, l'attività di un pubblico impiegato, magari nell'ufficio tecnico comunale, deve considerarsi incompatibile con l'essere parte terza, agente immobiliare che affianca due parti che devono concludere un contratto per l'acquisto di un immobile.
Il dibattito sull'incompatibilità, aperto nel 1997 dallo studio dell'Antitrust sulle professioni, aveva visto organi istituzionali non sempre sullo stesso fronte. L'autorità garante del mercato e della concorrenza, Antitrust, sia nello studio sulle professioni sia in note dirette al Parlamento e in pareri espressi in sedi sia formali sia divulgative, richiamava a regole improntate alla tutela della libera concorrenza e, quindi, a un'eliminazione delle barriere fra professioni e alle incompatibilità. Nello specifico della legge 39/1989 sulla mediazione, il Consiglio di Stato, invece, aveva dato parere favorevole - in occasione di un ricorso fatto dal Consiglio nazionale dei geometri - all'incompatibilità in una sentenza del 1999, e ciò in chiara contrapposizione alle indicazioni espresse sulla stessa materia dall'Antitrust.
-
Grazie per la risposta PieoMax!
Mi rendo conto che il mio esempio specifico era fuorviante perchè l'attività di intermediazione è effettivamente vincolata alle regole del relativo ruolo... cmq quello che volevo sapere era + in generale: ammesso che non sussistano preclusioni dovute a ordini o ruoli... è possibile offrire, all'interno di una medesima società (con unica partita iva), servizi molto diversi fra loro ? Oppure esiste anche una componente "oggettiva" che può essere invocata qualora richiedessi l'appartenenza a categorie economiche disparate ?
esempi:
consulente informatico + booking on-line di alberghi
consulente informatico + negozio e-commerce
etc.cioè casi in cui una consulenza è sicuramente una prestazione differente dalla vendita... in tal caso è possibile l'utilizzo della stessa P.iva ? (sia per le consulenze che per la vendita diretta di servizi/prodotti)
Grazie di nuovo
F.Perenti
-
Salvo incompatibilità previste dalla legge, puoi gestire con la stessa partita IVA quanti tipi di attività vuoi. Certo che le complicazioni contabili poi aumentano (e di conseguenza anche i costi di gestione) per cui è da valutare attentamente l'opportunità.
-
Si tratta di obblighi Iva che prescrivono contabilità separata (obbligatoria o facoltativa a seconda dei casi) e annotazioni separate. I riflessi sono molti e si riflettono sugli studi di settore, sulle detraibilità (esempio nel caso di un'attività in un regime forfettarioe un'altra no) ecc.
Piero_Max ha perfettamente ragione nel consigliare una valutazione attenta dell'opportunità; a volte, per non inquinare l'attività principale e per definire il "rischio", è preferibile dar vita ad una nuova società.