• Super User

    Profili giuridici dei link

    Da un po' alla ricerca di materiale giuridico che stabilisse regole precise nell'uso dei link a siti web mi sono imbattuto in questo scritto che reputo interessante:

    http://autoreonline.net/internet.html (fonte: autoreonline.net)

    Ve ne consiglio la lettura anche se ahimè non pone una soluzione definitiva.

    Paolo.

    p.s di Giorgiotave: in fondo a questa discussione trovate l'articolo di riferimento visto che il sito che lo ospitava è offline.


  • User Attivo

    @i2m4y said:

    Da un po' alla ricerca di materiale giuridico che stabilisse regole precise nell'uso dei link a siti web mi sono imbattuto in questo scritto che reputo interessante:

    http://autoreonline.net/internet.html (fonte: autoreonline.net)

    Ve ne consiglio la lettura anche se ahimè non pone una soluzione definitiva.

    Paolo.

    grazie Paolo. argomento molto interessante.

    per le soluzioni....siamo alle solite...cioe' in italia 🙂

    cio' che si dice li' e' un po cio' a cui pensavo ieri: in effetti ci si pone un problema che dovrebbero avere in primis i motori di ricerca, prima ancora dei normali siti.

    posso dire che disprezzo parecchio il framing ad esempio. E in alcuni casi rientriamo proprio in quell'aspetto giuridico della 'confusione' agli occhi dell'utente che non capisce piu' in che sito si trova.

    Per i link, io uso spesso mettere a fianco a link esterni il nome del sito a cui rimandano i link, o magari raggruppo i link e scrivo sopra al 'gruppo di link' il nome del sito web di destinazione.

    Se ne guadagna in chiarezza e usabilita', e si e' piu tranquilli
    a prestoo


  • User

    Avevo visto una cosa in rete. che mi sembrava "discutibile" e volevo chiacchierarne qui. Prima di scrivere giro nel forum: il buon Paolo mi aveva, in parte preceduto.

    Cosa ho visto: alcune aziende collaborano insieme e creano un sito per offrire un servizio ai clienti; un realtà un ennesimo inganno. Per dare maggiore autorevolezza alla cosa mettono link ad adicosum et simili.... sul web.... nel mondo reale un associazione utenti ha vari contrasti con costoro.

    Domanda è lecito usare un link, anche se non si fa cattiva luce, non si diffama.... senza che il linkato dia il proprio consenso?
    Mi pare che la risposta sia nella pag 7 del link di Paolo.

    Se metto nel mio sito un link tessendo le lodi del linkato costui sarà contento ma se il mio sito insegna a costruire bombe: possibile che il linkato possa rivalersi sono il termini di netiquette come dice la conclusione di autoreonline?

    Ciao

    P.s. chiedo scusa per la banlità e ripetitività ma, sebbene non mi tocchi; credo sia un bel problema, Rodotà non dice nulla?


  • Super User

    Ciao Sandro61,

    in effetti io nei miei discalimer (richiamato da tutte le pagine del sito) metto frasi del seguente tenore:

    *E' concessa la facoltà di inserire in siti terzi links (collegamenti) al presente sito web, possibilmente alla pagina "www.xyz.com". E' inoltre concesso il prelievo dei banners (striscioni) contenuti nella pagina "kwx" con l'abbinamento alla pagina "www.xyz.com". Resta comunque vietata la possibilità di inserire links, o qualsiasi altro tipo di riferimento alle pagine del dominio www.xyz.com in siti terzi che incitino alla violenza od alla discriminazione razziale, o che abbiano contenuto erotico od immorale o che violino le leggi nazionali od internazionali. *

    Questa è un tentativo di tutelarsi e ritengo sia valido se il sito che ci linka è fuorilegge (mi rivolgo avvocato per diffida e/o causa legale). Se invece chi ci linka non viola la legge, ma solo la morale penso che serva a poco, perchè comunque non esiste una valutazione oggettiva di ciò che è morale (diventa questione di netiquette).

    Ci vorrebbe un avvocato a dissertare di questo argomento.

    Paolo.


  • Community Manager

    Aggiorno dopo tanti anni perchè è stato cambiato indirizzo a quei documenti che Paolo aveva condiviso.

    Ora sono qui: http://autoreonline.net/internet.html

    Fa riferimento al PDF che trovate in quella pagina: Profili di illiceità del web linking (2003)


  • Community Manager

    Mi ha segnalato Wolf Otakar che il link in alto non funziona.

    Allora vi faccio un ricapitolo segnalando il libro Abilità informatiche per il diritto che anch'esso cita l'articolo a cui facciamo riferimento.

    Purtroppo l'articolo non è più reperibile, ma l'ho recuperato tramite cache 🙂

    [TABLE="width: 100%"]

    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 1[/TD]
    [/TR]
    [/TABLE]
    PROFILI DI ILLICEITA’
    DEL WEB LINKING
    di
    CRISTIAN ERCOLANO
    Estratto dalla Rivista «Il Nuovo Diritto» n. II-III – 2003
    www.ilnuovodiritto.com
    [/HR][TABLE="width: 100%"]

    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 2[/TD]
    [/TR]
    [/TABLE]

    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    a cura del Dott. LEO STILO
    PROFILI DI ILLICEITA’ DEL WEB LINKING*
    Shetland Times Ltd c. Jonathan Wills e Zetnews Ltd, Scotland Ses Cas, 24
    ottobre 1996 (soluzione stragiudiziale dell’ 11 novembre 97).
    Una delle prime controversie in tema di *web linking *sottoposte ad un organo
    giudiziario risale al 1996 e oppose due quotidiani scozzesi presenti sul *web *con
    un proprio sito. Il caso rappresenta un esempio tipico di collegamento tramite la
    tecnica del deep linking: in una pagina del primo quotidiano venivano proposti
    alcuni *link *che rinviavano ad articoli disponibili su pagine secondarie del sito
    *Internet *concorrente ed evidentemente di proprietà di quest’ultimo. In
    particolare, i *link *riproducevano l’esatto titolo degli articoli, ma non vi era
    specificata la fonte da cui essi erano tratti.
    Durante l’*iter *giudiziario uno dei giudici avallò la conclusione che il fatto
    configurasse violazione dei diritti di esclusiva sui contenuti del sito *Internet *del
    ricorrente. Questa pronuncia spinse le parti ad un accordo stragiudiziale in base
    al quale il sito linkante, accanto ad ogni link, doveva: citare la fonte, vale a dire il
    sito nel quale si trovavano gli articoli; inserire il logo dello stesso sito e,
    soprattutto, linkare esclusivamente alla *home-page *del giornale concorrente.
    Washington Post Co. c. Total News, n. 97 Civ. 1190 (PKL) (S.D.N.Y. Complaint
    filed 20 febbraio 1997)
    La controversia, proposta dinanzi al Tribunale distrettuale di New York,
    riguardava la violazione di norme in tema di marchi protetti, diritto d’autore, ma
    soprattutto atti di concorrenza sleale compiuti tramite la tecnica del *framing *e
    senza chiedere preventivamente l’autorizzazione del titolare del sito linkato.
    Anche questo giudizio si concluse con un accordo stragiudiziale fra le parti, in
    base al quale il convenuto avrebbe operato dei normali *link *alle pagine del sito
    ricorrente, anziché utilizzare la tecnica del framing.
    Ticketmaster Corp. c. Tickets.com, Inc., CV 99-7654 HLH – BQRx - C. D. CA,
    27 febbraio 2000.
    Ancora incentrata sul *deep linking *è la questione che, più recentemente, ha
    contrapposto due società specializzate nella vendita *on-line *di biglietti per
    spettacoli ed avvenimenti pubblici.
    La ricorrente sottolineava che i *link *alle proprie pagine secondarie non erano
    stati espressamente autorizzati, come invece prescrivevano le condizioni generali
    d’uso dello stesso sito. Il danno economico lamentato consisteva nel fatto che gli
    utenti erano “dirottati” su pagine secondarie anziché sulla pagina principale del
    sito, nella quale erano contenute le inserzioni pubblicitarie; inoltre il
    comportamento tenuto poteva configurare un’ipotesi di concorrenza sleale, in
    quanto gli utenti potevano essere indotti a ritenere che ci fosse una qualche forma
    di collaborazione economica tra i due siti, eventualità che, evidentemente, non

    • Articolo pubblicato sulla Rivista scientifica “Il Nuovo Diritto”, n. II-III - 2003, p. 11.
      11
      [/HR][TABLE="width: 100%"]

    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 3[/TD]
    [/TR]
    [/TABLE]

    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    sussisteva. Il giudice decise a favore della ricorrente, pur specificando che, in
    via di principio, l’utilizzo del *deep linking *non comporta sempre e comunque una
    violazione del diritto d’autore né configura, di per sé, una ipotesi certa di
    concorrenza sleale. Le condizioni generali d’uso del sito, invece, non furono
    considerate, dal giudice, vincolanti per l’impossibilità di provare che esse fossero
    state conosciute dalla controparte.
    The Newspapers c. Eureka, District Court in Rotterdam, Case/Docket n.
    139609/KG ZA 00/846 del 22 agosto 2000.
    Questa sentenza può dirsi “storica”, perché la prima, emanata da un giudice
    europeo, a sancire chiaramente la liceità del deep linking.
    Il caso aveva ad oggetto l’attività di *deep linking *posta in essere da Eureka,
    una società olandese che offriva, tramite un proprio sito un servizio di news on-
    *line *realizzato attraverso il linkaggio diretto alle pagine dei siti delle società
    ricorrenti (previa citazione della fonte). Queste ultime sostenevano che il
    comportamento di Eureka violasse i diritti d’autore sugli articoli e sugli elenchi
    di titoli, considerati come banche dati; lamentavano, altresì, che il convenuto
    tenesse un comportamento illecito traendo un illegittimo profitto dagli
    investimenti effettuati dai ricorrenti per la selezione e la redazione dei notiziari e
    degli articoli, inserendo sistematicamente collegamenti ipertestuali diretti ai
    notiziari e articoli che escludevano le *home-page *dei siti stessi, procurando,
    quindi, la perdita dei ricavi derivanti dalla pubblicità.
    Sull’ultimo punto contestato, la Corte ipotizzava addirittura un effetto
    promozionale nel comportamento della resistente, consistente nel portare più
    visitatori ai siti *web *presunti “danneggiati”; ed il fatto che sulle pagine linkate
    non vi fosse pubblicità era la conseguenza di una precisa scelta editoriale dei
    ricorrenti: il danno che ne derivava non poteva essere attribuito ad Eureka.
    Riguardo alla lesione del copyright, esso limita il diritto di riprodurre dati.
    Tuttavia, aggiungere un *deep link *da un sito *web *alle notizie e agli articoli sulle
    pagine di altri siti non può essere considerato come una riproduzione di questi
    dati (cioè degli articoli). La completa adozione dell’elenco di titoli dai siti linkati
    e il relativo inserimento (menzionando la fonte) su un diverso sito *web è, dunque,
    una riproduzione di questi titoli e di quella lista. Ed anche se si presumesse che
    gli elenchi dei titoli debbano essere considerati come una raccolta di opere
    protette con una propria caratteristica originale che identifichi l’impronta
    personale dell’autore, questi titoli e elenchi di titoli possono essere riprodotti
    integralmente da un mezzo di stampa con l’indicazione della fonte: ed il sito
    della resistente, puntualizzava la Corte, poteva, a quei fini essere considerato un
    mezzo di informazione che periodicamente offriva una rassegna di articoli tratti
    da altri mezzi di comunicazioni, i cui nomi erano esplicitamente citati.
    Havas et Cadre on line c. Keljob
    , *Tribunal de Commerce de Paris, sentenza del
    26 dicembre 2000.
    Il caso, presentato al Tribunale del Commercio di Parigi, riguardava
    chiaramente un’attività di framing: la resistente aveva modificato e/o alterato i
    codici sorgente (HTML) delle pagine *web *del sito ricorrente, presentando le
    pagine ed il loro contenuto sotto un indirizzo (URL) diverso da quello originario;
    12
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    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 4[/TD]
    [/TR]
    [/TABLE]

    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    aveva, inoltre, alterato le funzioni di navigazione ed il logo delle stesse, non
    consentendo il collegamento alla *home-page *della ricorrente.
    Il giudice condannava la società convenuta affermando, in via di principio, di
    poter considerare come azione sleale, parassitaria e di appropriazione del lavoro
    e degli sforzi finanziari altrui ogni predisposizione di *link *tra siti nel *web *che
    abbia come conseguenza: di snaturare il contenuto o l’immagine del sito linkato;
    di fare apparire come proprio tale sito senza menzionare la fonte (in particolare
    non lasciando comparire l’indirizzo *URL *del sito collegato, e facendo anzi
    comparire l’indirizzo del sito che ha stabilito il collegamento ipertestuale); di non
    segnalare al visitatore, in modo chiaro ed inequivoco, che egli è diretto ad un sito
    o a una pagina *web *esterni al sito di partenza.
    NOTA

    1. Premessa: le forme del linking.
      Anche il più inesperto internauta sa cosa sono i “link” per averli utilizzati in
      modo disinvolto sul web. Dall’inglese anello, catena o collegamento, il termine
      indica una connessione ipertestuale fra elementi informativi: “cliccando” su
      una parola attiva (hotword) o su una immagine cui sia stato associato un
      indirizzo Internet1 si visualizza istantaneamente la pagina richiamata. Il sistema
      consente di raggiungere informazioni che risulterebbero, altrimenti, sconosciute
      o irraggiungibili all’utente e funziona, sostanzialmente, come il rimando delle
      note d’autore in un testo di tipo tradizionale, il quale rinvia il lettore ad altra
      parte dello scritto o ad un testo esterno.
      *Si legge spesso che «linkare rappresenta “la” caratteristica del *World Wide
      Web *oltre che la sua intrinseca natura, al punto che se il *web ne venisse privato
      *diverrebbe un *medium assolutamente inutile»2. L’ipertestualità è, infatti, ciò che
      ha reso la Rete delle Reti un enorme contenitore di informazioni consultabili in
      maniera veloce, completa e nella maggior parte dei casi gratuita. La stabile
      *trasformazione di *Internet da “Biblioteca virtuale” in “Centro commerciale” ha
      mutato in qualche modo questa filosofia. Sono nati nuovi beni giuridici
      bisognosi di tutela: i segni distintivi propri del web, la paternità delle opere
      pubblicate, la privacy, la buona fede dell’utente (o meglio, il diritto ad una
      informazione corretta) e le stesse informazioni che hanno acquistato un loro
      rilevante valore economico. Proprio in relazione a queste importanti tematiche i
      giuristi hanno iniziato ad interessarsi alle forme di utilizzo dei collegamenti
      ipertestuali.
      *Tralasciando i *link che rinviano alle pagine interne dello uno stesso sito e
      *quelli che consentono di visualizzare la *home-page di un sito esterno (surface
      linking
      ), sulla cui legittimità nessuno ha mai avanzato dubbi, restano da

      *analizzare due diverse tecniche di collegamento: il *deep linking ed il framing. Il
      primo sistema consente di rinviare l’utente direttamente ad una pagina
      1 Il collegamento tra la parola o l’immagine e l’indirizzo viene effettuato nel codice *HTML *della
      pagina, e risulta visibile all’utente tramite alcuni accorgimenti tecnici: il *link *è evidenziato,
      sottolineato, rappresentato sotto forma di pulsante e/o compare una “manina” quando ci si
      posiziona sopra con il cursore.
      2 DE VIVO, Web linking, deep linking e framing, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e
      dell’Internet, a cura di CASSANO, IPSOA, 2002, 936.
      13
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    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 5[/TD]
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    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    “interna” o secondaria di un sito diverso da quello di partenza; il secondo
    consente di visualizzare la pagina esterna inserendola nello scheletro grafico del
    sito linkante. Riprendendo l’esempio sopra riportato, il surface linking è
    paragonabile alla nota di un testo tradizionale che citi genericamente un volume
    di approfondimento o una diversa fonte; il deep linking, invece, alla nota che
    indichi la pagina precisa di un approfondimento esterno al testo; il framing,
    infine, è equiparabile alla riproduzione nel testo del contenuto di un’opera
    altrui.
    2. Problemi giuridici
    .

    Negli Stati Uniti, dove «l’integrità del sito è considerata l’interesse primario
    *da tutelare»3, le pratiche del *framing *e del *deep linking vengono considerate
    illecite4 se non espressamente autorizzate dal titolare del sito linkato; tale
    autorizzazione (linking agreement) è spesso concessa dietro pagamento di un
    corrispettivo.
    *Più realisticamente, per regolamentare le condotte di *deep linking e di
    framing si è proposto:
    a) di utilizzare le norme in materia di concorrenza sleale5, in considerazione
    del fatto che in entrambi i casi si eliminerebbe la visibilità delle comunicazioni
    *commerciali presenti di solito sulla *home-page del sito in questione, provocando
    al titolare dello stesso un mancato guadagno e, quindi, un diritto al
    risarcimento6;
    b) di estendere analogicamente alle attività in discorso la disciplina della
    Legge marchi (R. d. 21 giugno 1942 n. 929 e successive modificazioni)7, che
    sanziona l’utilizzo illegittimo dei segni distintivi, il rischio di confusione e di
    associazione degli stessi, la perdita della capacità distintiva ed il danno
    all’immagine del marchio;
    *c) di ricondurre il diritto di *link nell’ambito del diritto di citazione, e, quindi,
    del diritto d’autore, con conseguente illiceità dei collegamenti che comportino
    appropriazione indebita di opere intellettuali altrui8.
    Ma analizziamo separatamente le due forme di linking.
    3 DE VIVO, Web linking, deep linking e framing, op. cit., 940.
    4 Tra gli esempi giurisprudenziali più conosciuti: Washington Post contro Total News, causa
    risolta stragiudizialmente il 20 febbraio 1997; Ticketmaster Corp contro Tickets.com del 27
    febbraio 2000, riportate in epigrafe.
    5 TOSI, Nomi di dominio e tutela dei segni distintivi in Internet tra domain grabbing, linking,
    framing e meta tag, in Riv. Dir. Ind., 2000, II, 180-181.
    6 TESAURO - CANESSA, Economia digitale, aspetti civilistici e fiscali, IPSOA, 2002, 164.
    7 Così GALLI, Tutela dei marchi rinomati in Internet, in PALAZZOLO - RUFFOLO a cura di, La
    tutela del navigatore in Internet, Milano, 2002, 256; MONTELEONE, La pratica del “linking” e le
    sue implicazioni giuridiche, su www.netjus.org; quest’ultimo ipotizza, riprendendo considerazioni
    di TOSI (I problemi giuridici di internet, Milano, 1999), la violazione «in particolare dell’art. 12
    Legge Marchi, il quale, prevedendo che al commerciante è fatto divieto di sopprimere il marchio
    del produttore o del commerciante da cui ha ricevuto i prodotti o le merci, può, in via analogica,
    ritenersi applicabile anche nell’ipotesi del deep linking, atteso che, chi impiega quest’ultima forma
    di link, di fatto utilizza un “prodotto” altrui omettendo il riferimento al realizzatore di tale
    prodotto».
    8 TURINI, Copyright a rischio nei “link” della rete, in *Telematica e Diritto *de *Il Sole 24 Ore *di
    mercoledì 13 settembre 2000.
    14
    [/HR][TABLE="width: 100%"]

    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 6[/TD]
    [/TR]
    [/TABLE]

    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    2.1. *Riguardo al *deep linking tutte le ipotesi prospettate prestano il fianco a
    facili critiche.
    Nel primo caso non vi è nessuna norma, scritta o consuetudinaria, che
    imponga al titolare del sito di posizionare le comunicazioni commerciali solo
    *sulla *home-page del sito e non anche sulle pagine secondarie; questo stesso
    accorgimento eliminerebbe alla radice ogni tipo di problema.
    Delle altre due ipotesi – violazione delle norme a tutela dei segni distintivi e
    *del diritto d’autore – non se ne può negare *a priori il fondamento; ciò che si
    contesta è che esse si concretizzino automaticamente con l’utilizzo del deep
    linking
    . Innanzitutto i contenuti del sito linkato non vengono “riprodotti” nella

    pagina linkante, che si limita a consentire la visualizzazione dei primi. Inoltre
    chi opera un rinvio ad una pagina secondaria di un sito esterno, senza alterarne
    in nessun caso il contenuto – senza, cioè, sopprimere i segni distintivi od
    omettere l’indicazione dei nomi degli autori eventualmente presenti, in modo che
    sia ben evidente la paternità della pagina stessa - certamente non viola alcuna
    norma; la considerazione è sostanzialmente opposta nell’ipotesi di tentativo di
    appropriazione del contenuto delle pagine stesse mediante gli accorgimenti
    fraudolenti cui abbiamo sopra accennato. In questo caso il danno ed il
    conseguente diritto sono concreti, anche se potrebbe risultare difficile
    ricostruire la volontà lesiva del linkante per facta concludentia.
    D’altronde basterebbe accennare al funzionamento dei motori di ricerca per
    confutare ogni convinzione sulla implicita illiceità del deep linking. Questi sono
    tra i siti più frequentati dagli internauti in quanto costituiscono il mezzo più
    efficace per effettuare ricerche sul web. Ad ogni richiesta effettuata danno come
    risultato proprio il documento esatto ricercato, e cioè una pagina interna ad un
    *qualsiasi sito, e non certamente la *home-page dello stesso (nel qual caso l’utilità
    stessa del motore di ricerca sarebbe di gran lunga ridotta). Questo
    funzionamento si basa su due sistemi:
    a) lo stesso titolare del sito si propone al motore di ricerca per la
    indicizzazione del proprio sito. In questo caso tale condotta potrebbe
    configurarsi come un consenso implicito al deep linking;
    b) il motore di ricerca effettua spontaneamente una monitorizzazione del
    web (tramite i cosiddetti spider, programmi che raccolgono informazioni
    *durante la navigazione), aggiungendo i nuovi siti rinvenuti al proprio *data-base
    senza che questi siano segnalati dal titolare.
    In entrambi i casi non si hanno notizie di controversie riguardanti tale
    sistema e nessun commentatore ha mai ipotizzato la illiceità di queste
    operazioni. Il bene giuridico che sarebbe leso o posto in pericolo dal linkaggio è
    identico, sia che l’operazione venga effettuata da un motore di ricerca –
    “istituzionalmente” dedito alle attività in discorso – sia che venga effettuato da
    un privato. Anche l’effetto sul sito linkato è identico nei due casi: un vantaggio
    in termini di “conoscibilità” del sito.
    2.2. *L’utilizzo della tecnica del *framing evidenzia, invece, con maggiore
    fondatezza, la potenzialità confusoria del link: il navigatore, infatti, è portato a
    ritenere che il contenuto del sito richiamato sia appartenente al sito
    richiamante, che per di più non consente la visualizzazione, nella barra degli
    15
    [/HR][TABLE="width: 100%"]

    [TD="bgcolor: eeeeee, align: right"]Page 7[/TD]
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    [/TABLE]

    DIRITTO DELLA GESTIONE DIGITALE DELLE INFORMAZIONI
    indirizzi, dell’URL9 originario della pagina linkata10. In questo caso è più
    facile, anche se non del tutto inconfutabile11, ricondurre la semplice scelta di tale
    forma di collegamento alla volontà di ingenerare confusione negli utenti, fino a
    postulare l’appropriazione illegittima di contenuti altrui.
    Il comportamento confusorio e la conseguente applicazione degli artt. 2598
    e ss. del codice civile, implicanti la cessazione del comportamento lesivo fino al
    riconoscimento del diritto al risarcimento del danno lamentato debbono,
    comunque, essere provati di volta in volta.
    Tutte le precedenti valutazioni sono suscettibili di smentita, ad esempio, nel
    *caso in cui il *link venga utilizzato per gettare discredito sul prodotto o
    sull’attività del concorrente in maniera diffamatoria, ovvero ci si appropri di
    pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente. Queste condotte illecite,
    chiari atti di concorrenza sleale, possono essere realizzate utilizzando
    qualsivoglia tipologia di link, anche quello di cui si presuppone, in dottrina, la
    normale liceità. Questo conferma che giuridicamente rilevanti sono non tanto la
    *tipologia di *link utilizzati, quanto le reali intenzioni del linkante ed il danno
    effettivamente procurato.
    Un’ultima considerazione può essere sollevata riguardo all’utilizzo, sempre
    *più comune anche nel nostro Paese, dei *linking agreement contenuti nei
    cosiddetti disclaimers12. L’utilità di questi “espedienti” è stata ipotizzata anche
    da studiosi nostrani, ma senza molta fortuna13: il loro valore giuridico è, infatti,
    limitato dall’impossibilità di provare che essi siano stati accettati o quantomeno
    conosciuti dall’utente. Allora potrebbe essere una regola di galateo (Netiquette,
    «Etica e norme di buon uso dei servizi di rete») a consigliare di controllare,
    nelle pagine dedicate ai disclaimers, se il titolare del sito gradisce essere linkato
    ed in che modo. Le regole consuetudinarie hanno la loro importanza anche nella
    Rete, e soprattutto nei casi in cui consentano di risolvere “amichevolmente”
    problemi altrimenti di difficile soluzione.
    CRISTIAN ERCOLANO
    9 URL: Universal resource locator.
    10 In questo senso TESAURO - CANESSA, Economia digitale, aspetti civilistici e fiscali, op. cit., 164;
    GALLI, *Tutela dei marchi rinomati in Internet, *op. cit., 256; TURINI, L’opera telematica, in Diritto
    delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, a cura di CASSANO, IPSOA, 2002, 996.
    11 Pensiamo al caso in cui il linkante citi espressamente l’autore dell’opera e non elimini i segni
    distintivi o la fonte del documento.
    12 Dichiarazioni inserite in genere nella *home-page *di un sito Internet nelle quali si avvertono gli
    utenti circa i contenuti del sito stesso e si dettano alcune regole al fine di limitare o escludere del
    tutto la responsabilità del gestore dello stesso.
    13 STABILE
    , L’attività di comunicazione nei siti web
    , in Dir. ind., 2000, 92